Ortomani: la campagna in città
Oggi sentiamo sempre più spesso parlare di orti urbani sulle terrazze e sui balconi, ai bordi delle ferrovie e lungo le pareti dei condomini. Un fenomeno che potrebbe diventare la chiave fondamentale per metropoli più verdi, più sane e più vivibili.
Prima dell’età industriale, gli orti erano piuttosto comuni in tutte le medie e grandi città. Con l’avvento dell’industrializzazione e la conseguente espansione delle città, l’equilibrio ha incominciato a rompersi e i campi coltivati nelle aree urbane e periurbane si sono ristretti. Sono stati i nuovi arrivati dai territori rurali a tentare di contenere lo squilibrio. Tutto ciò fa subito pensare al problema della sostenibilità ambientale per tutti quelli che vivono nelle grandi città, alla tutela delle biodiversità e alle sfide climatiche.
In Italia la filosofia degli orti urbani è cresciuta di 18% negli ultimi 5 anni superando i 2,1 milioni di mq.
L’impatto positivo degli orti urbani sulla società è ormai comprovato, i vantaggi che offrono sono diversi, sia ambientali, che sociali e urbani. Inoltre, favoriscono il riciclo dei rifiuti organici, utilizzati come concimi, e come tutte le aree verdi migliorano il microclima locale e combattono fenomeni come l’effetto isola di calore. Molto spesso, questi orti sono gestiti da associazioni impegnate in progetti sociali per la comunità locale.
Come entrano nella nostra vita gli orti urbani?
La lezione viene dal Nord Europa in particolare dalla Germania. Inizialmente erano spazi riservati ai bambini, chiamati kleingarten, ed erano nati per soddisfare la penuria di cibo ma anche per ricostruire comunità alla ricerca di uno stile di vita sano.
Gli orti urbani in Italia
Nell’ultimo decennio, a partire dai grandi centri urbani, diverse associazioni hanno in vari modi spinto per lo sviluppo sostenibile delle città e per uno stile di vita sano e rispettoso dell’ambiente. La regione con più orti urbani, secondo l’Istat, nel 2017 era l’Emilia Romagna, seguita dalla Lombardia e dalla Toscana. Le motivazioni che spingono gli italiani alla coltivazione dell’orto in città sono diverse e includono la passione, la necessità di risparmiare e la ricerca di cibo sano e biologico.
Esempi virtuosi si trovano per esempio a Firenze, dove dal 2013 sorge un orto sociale su una vecchia pista di atletica nella zona di Borgo Pitti. Qui si sviluppa anche un progetto che coinvolge ragazzi con disabilità. È Bologna, invece, ad ospitare l’orto urbano più grande d’Italia a Borgo Panigale. In pochi anni l’orto è cresciuto fino a servire 150 famiglie e dare occupazione ad una decina di ragazzi.
Rovereto, Comune in provincia di Trento, ha avviato dal 2016 un progetto dedicato all’orto comunitario. Comun’Orto nasce da una rete di organizzazioni presenti a Rovereto e dintorni. L’orto diventa una risorsa per la comunità del quartiere Brione: qui si possono coltivare ortaggi, ma anche frequentare corsi, rilassarsi nell’area verde, sorseggiare un drink, costruire aiuole fiorite e molto altro. Da Trento passiamo a Napoli: qui è nato il progetto dell’Orto Urbano della Salute e del Benessere Ponticelli, un’area verde coltivata dagli utenti del centro diurno Lilliput che aiuta i ragazzi con problemi di dipendenza nel percorso di recupero. Questo progetto ha un doppio valore: da un lato è una pratica virtuosa per l’ambiente e per il territorio campano, dall’altro offre nuove opportunità ai giovani in un momento di particolare fragilità.