Da “Phase Out” a “Transitioning away”… Nella COP28 il compromesso sul fossile è un gioco di parole
Il 13 dicembre la presidenza della COP28 a Dubai ha annunciato l’approvazione dell’accordo sui nuovi impegni internazionali per affrontare il cambiamento climatico. Una decisione definitiva e all’unanimità che, tuttavia, ha lasciato aperti ancora molti interrogativi su modi e tempi di attuazione.
Il testo menziona esplicitamente la necessità di “allontanarsi gradualmente” dall’uso dei combustibili fossili per la produzione di energia, tuttavia, la formulazione è decisamente più debole rispetto alle richieste degli attivisti ambientalisti e di alcuni paesi, che avrebbero preferito l’espressione “phase out” (abbandonare) anziché “transitioning away” (allontanarsi gradualmente).
Condividiamo, quindi, le molte preoccupazioni scaturite, concentrandoci soprattutto sulle falle che potrebbero, da un lato, consentire l’abbandono graduale dei combustibili fossili, sollevando dall’altro interrogativi cruciali sulla concreta disponibilità di provvedimenti politici, strutturali e finanziari realmente attuabili nei tempi dettati dagli studi scientifici, per trovare una comune e rapida azione nel limitare l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 °C.
Dando seguito alle dichiarazioni di personalità e organizzazioni dell’attivismo geo climatico, possiamo definire il nuovo accordo come il “minimo indispensabile”, sottolineando la presenza di misure parziali e scappatoie dettate dall’ancora grande influenza dei Paesi petroliferi.
Una delle principali debolezze del nuovo testo riguarda la questione finanziaria. In molti ritengono che manchino “solide garanzie” per il sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo nella loro transizione verso le energie rinnovabili. Nonostante il riconoscimento dell’immensa carenza finanziaria nella lotta ai cambiamenti climatici, i risultati finali non obbligano le nazioni ricche ad adempiere alle proprie responsabilità finanziarie, che ammontano a centinaia di miliardi e rimangono inadempiute. L’approvazione del Loss and Damage Fund (fondo per le perdite e i danni climatici) è, infatti, un compromesso fragile, sottoscritto da poche nazioni (tra cui l’Italia con 100 mil) e assolutamente provvisorio, che richiederà una rinegoziazione già nel 2026.
Se pensiamo, infine, che reintrodurre la menzione esplicita del nucleare e delle tecnologie di rimozione e cattura della CO2 siano bastevoli nella lotta al #climatechange e nel percorso di abbandono dei combustibili fossili, stiamo tutti prendendo un grande abbaglio, affetti da una distrazione di massa che insegue scappatoie senza affrontare mai, concretamente, il nucleo della questione.
Insomma, come molti auspichiamo il superamento dei semplici “appelli” e degli inutili “giochi lessicali”, preferendo di gran lunga la formulazione di vincoli formali per i governi, ovviamente all’insegna della reale sostenibilità a 360°.
Attribuzione immagine di copertina > IAEA Imagebank, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a5/Net_Zero_Nuclear_Event%2C_at_COP_28%2C_the_United_Nations_Climate_Change_Conference_UNCCC_held_at_the_Expo_City_Dubai%2C_United_Arab_Emirates_on_2_December_2023_-_30.jpg